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DGroove - Francesco Giachi

Tutti vogliamo essere felici.


Essere felici ci rende più aperti, resilienti, creativi e quindi produttivi. Per questo la felicità dei collaboratori è una priorità per le aziende più attente alla qualità della loro presenza sul mercato.

Le ricerche dimostrato che i lavoratori felici hanno una marcia in più.


Una Leadership Positiva e una Happy Company, non si costruisce dall'oggi al domani: è un percorso via step, in cui si accompagnano le persone verso un cambiamento di mentalità e atteggiamento.

Dgroove si sta impegnando da anni in questa direzione, in un passaggio da technology-based company a people-based company.

In questa intervista Francesco Giachi, CEO DGroove ci spiega il loro percorso.


Sarà una delle testimonianze aziendali che potrete ascoltare il 22 Settembre 2020 nel Webinar Formativo La felicità parte dalla leadership:diventare un Happy Leader, uno dei workshop all'interno della Settimana Internazionale Happiness at Work 2020, dal 21 al 25 settembre.


Puoi iscriverti su Eventbrite:



Sappiamo che, affinché un’azienda affronti un processo di evoluzione del modello di leadership verso temi quali la leadership positiva e l’happiness at work, il ruolo dell’imprenditore è chiave. Nel vostro caso da dove nasce questa propensione?



Una società di servizi informatici ha come principale arma di vendita e proposta al mercato la qualità del lavoro delle proprie persone, ecco quindi che l’attenzione deve massimizzarsi attorno a tutti quegli elementi che rendono il lavoro di ogni persona piacevole; perché dal piacere e da una visione condivisa nascono motivazione ed efficienza.


Da sempre il benessere e la persona al centro sono state la chiave della spinta energetica verso la transizione da technology-based a people-based.

La propensione alla leadership positiva si regge quindi sulla consapevolezza che un contesto positivo, stimolante, leggero, libero aiuti un organizzazione a muoversi velocemente per affrontare e vincere le sfide del mercato e del contesto.

Dgroove è sempre stata sensibile al benessere ed al coinvolgimento dei propri collaboratori. Ora vuole allenare l’auto-imprenditorialità. Quali sono stati i primi passi che avete realizzato per aumentare il livello di consapevolezza e coinvolgimento?

Il percorso verso l’auto-imprenditorialità, vista come auto-determinazione del sé e dei propri colleghi, è un percorso lungo e non privo di insidie.


Il primo elemento appreso durante il percorso è che le persone reagiscono solo in parte alle idee e ai concetti, quello che però fa la differenza sono i fatti, i processi, i cambiamenti che coinvolgono la routine.


Il primo passo è stato verso la creazione di diversi livelli di management, per interrompere quelle prassi che centralizzavano nella figura dell’amministratore delegato tutte le prese di decisione dell’azienda.


Successivamente si è cominciato a lavorare ad un modello di MBO, o meglio di Ciclo della Performance, che desse il giusto risalto ad obiettivi aziendali e personali, quantitativi e comportamentali, legati all’erogazione di incentivi economici. Il Ciclo della performance ogni anno viene rivisto sulla base degli apprendimenti dell’anno precedente, sia nel metodo, che nel contenuto.


Ci si è poi concentrati nel posizionare ad hoc i ruoli aziendali rispetto alle caratteristiche di ogni persona, differenziando chi esprimeva competenze più di tipo gestionale e chi più di tipo tecnico e consulenziale, senza per forza soffermarsi su diritti acquisiti come la seniority aziendale o la competenza tecnica in una certa area. 


In queste fasi di riorganizzazione si è cercato inoltre di diminuire i campanilismi e aumentare il senso aziendale, di squadra che lavora per gli stessi obiettivi.


A seguire si è introdotto un sistema di auto-gestione del processo di miglioramento, secondo le prassi della Qualità, ma con le metodologie dell’agile e del design thinking, in modo da distribuire ad ogni livello aziendale l’onere e l’onore di contribuire attivamente alla risoluzione dei problemi e alla proposta di idee e concetti volte a migliorare processi, buone pratiche e in generale i comportamenti.


Si sono introdotti poi degli strumenti, come il feedback token, atti a incentivare lo scambio di feedback di rinforzo tra colleghi.


Si sta in quest’anno poi lavorando su un modello di leadership comune all’azienda, da cui possano scaturire una nuova carta dei valori e un sistema di feedback a 360 gradi.

Siete in una fase di evoluzione del modello di leadership e tra i fattori di evoluzione che volete implementare c’è il sistema di valutazione basato sui talenti personali e di team. Per quanto sin qui già realizzato, quanto pensa che riconoscervi per i vostri talenti distintivi potrà aiutarvi a migliorare la comunicazione e le performance?

Soffermarsi sui talenti è sinonimo di porre l’attenzione verso gli aspetti positivi di ogni persona, andando indirettamente a identificare le potenziali aree di miglioramento.


Questo approccio positivo è un metodo efficace per affrontare tematiche spesso scomode, dove la tendenza normale degli individui è dare maggior peso agli aspetti negativi piuttosto che a quelli positivi.

L’approccio permette così di riconoscersi per i propri talenti e creare un rapporto di fiducia che non è solo basato sui risultati ma anche sul metodo, sull’emozione e sulle aspettative intrinseche che ogni individuo ha insite.

Sapere cosa una persona è meglio in grado di fare permette di orientare la comunicazione e la costruzione di percorsi di crescita personale e professionale.

Il progetto finale parla di introdurre il feedback 360° e di investire quindi sulla trasparenza e fiducia. Cosa vi ha portato a valutare questo percorso come quello che possa dare un boost evolutivo alla vostra realtà?

Dare feedback è uno degli aspetti più critici nella comunicazione tra le persone.


Nell’ambiente lavorativo, ma anche in quello familiare e delle amicizie questa relazione di crescita è spesso difficile da attuare perché rischia di scollinare nell’offesa e nel mancato riconoscimento dei risultati e sforzi che un individuo porta avanti.


Avere a tendere un tale sistema, ben oliato, capito e attuato ad ogni livello dell’organizzazione dovrebbe diminuire le frizioni, portando un maggiore benessere di tipo relazionale, aumentare l’allineamento etico, valoriale e strategico in tutti i componenti dell’organizzazione e infine dare voce e metodo a tutti quanti.



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